Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede (S. Paolo)

È trascorso del tempo da quando Altamura sportiva si è stretta nell’abbraccio a Paolo Natalicchio, al secolo indimenticato calciatore dell’epopea calcistica Altamurana anni 80-90. Il tempo del cordoglio vive di variabili indipendenti che non rispondono alle categorie canoniche temporali, risponde alla elaborazione emotiva del lutto, della mancanza, della paralisi della quotidianità legata alla pienezza della presenza di chi come Paolo ha saputo impreziosire la vita dei suoi cari, dei suoi amici con il suo esempio, con il suo naturale ottimismo, il suo sorriso.
Paolo nasce il 3 luglio del 65, il suo rapporto con le asprezze della vita diventa subito difficile con la prematura scomparsa del padre, mugnaio, altra categoria predestinata alla fatica vera. La vita della famiglia Natalicchio diventa irta di ostacoli ma dignitosa e cementa la sua unità. Abbiamo definito epopea il periodo calcistico degli anni 80-90 ad Altamura. In quegli anni Matera viveva la sua apoteosi con la promozione in serie B grazie al trinomio Salerno-Dibenedetto-Squadra che rinomina l’immagine Lucana in Italia e nel mondo. Dibenedetto, altamurano doc, riporta questi entusiasmi nella propria città con spinte diffuse di positiva emulazione.
La Puglia Sport già in attività da qualche anno potenzia la sua azione educativo-calcistica, di aggregazione, senza perdere di vista gli aspetti puramente tecnici. Con Matera rimane il gap per cui i giovani materani hanno concrete possibilità di puntare alla C o alla B. Cosa c’entra tutto ciò con Paolo? Paolo gioca nell’Avanti Altamura dove milita il fratello Giuseppe ma frequenta ed è amico di diversi ragazzi della Puglia Sport, brilla nella socialità di allora per empatia, generosità, educazione, come si diceva a quel tempo, condivisione dei valori della società di Nicola Genco, manifestando a più riprese l’intenzione di farne parte.
Il tesseramento dei giovani calciatori avviene con scadenza annuale (poi si introdurrà il vincolo biennale subito accantonato) senza corresponsione di indennizzo alcuno, parametro o trattativa privata. Gianni Moramarco, dirigente della Puglia Sport però volle aprire il dialogo con l’A.S. Avanti come se il vincolo fosse pluriennale, riconoscendo alla società un premio di formazione serio che non era contemplato da nessun regolamento federale. Mai successo prima o dopo per restare in categorie temporali. Paolo parte con gli allievi, diventa l’elemento catalizzatore, umano e morale, pur mostrando notevole spessore tecnico e fisico. Si trasferisce allo Spinazzola (1^ Cat.) dove fa benissimo tanto da meritarsi la chance di lottare per la serie D a Genzano di Lucania con Pasquale Moramarco. Non ci riesce per un soffio. Altamura nel frattempo conclude trionfalmente la sua rincorsa alla D, Tafuni pensa al giovane ma temprato Paolo. Un anno di ambientamento (1986-87) in serie D e il salto tra i professionisti è cosa fatta. Diversi altamurani protagonisti, la maggior parte dei calciatori, tra cui giovani di valore, il tecnico, insomma una “Festa di Paese”, il vecchio adagio di sudore e sangue fattosi credo, viatico di un duello infinito con gli eterni rivali di Matera, soggiogati in una partita epica “Matera-Altamura”, tatticamente e agonisticamente da indicare come testo di approfondimento calcistico d’élite.
Paolo di quella squadra è l’anima, la proiezione filosofica del suo mister Franco Dibenedetto, mentore e padre putativo di un ragazzo uguale all’allievo della Puglia Sport, umile e modesto ma sempre al “centro” di tutto. Nel 92-93 Dibenedetto torna a Matera per puntare alla C1 e porta con sé Paolo, sarà promozione. In C1 Paolo rinnova il suo spirito agonistico, è ancora più entusiasta, la sua allegria è contagiosa, piena, vitale. L’agguato del destino, della sorte malvagia però è alle porte, silente, spietato. Il responso medico sentenzia il male tremendo contro cui Paolo lotta con tutto sé stesso, non gli dà tregua. Non gli concede di cambiarlo nell’intimo, nel suo approccio alla vita, nel suo rapporto con gli altri, di perdere la sua allegria, la sua profonda umanità. La sua reazione culmina convolando a giuste nozze con l’amore della sua vita, Maddalena, lanciando il guanto di sfida del suo progetto familiare.
Dà ancora prova di immensa generosità adottando, dopo sfibrante e fiduciosa attesa, Dayana (2 anni) e Andress (7 mesi) che colmerà di amore e attenzioni fino all’ultimo respiro. Attento ai controlli periodici, si sottopone alle terapie antitumorali che nel 2013 furono tra le concause di un tremendo infarto. Le sue condizioni di salute non gli hanno mai impedito di lavorare da ragioniere. Non ha mai perso i contatti con gli amici di sempre animando gli incontri, ormai rituali, rassicurando tutti sulla sua salute, parlando dei suoi progetti, dei suoi figli, del suo nipotino Mattia, interessandosi delle situazioni di ognuno, incoraggiando chi tradiva sfiducia verso il futuro.
Negli ultimi tempi Paolo appariva più provato, il suo cuore è stanco, il vecchio combattente depone le armi, sfinito, trasfigurato dal dolore.
I giovani altamurani “devono conoscere” la storia nella Storia del “Nostro” Calcio, chiave di lettura di una comunità custode di valori profondi, universali, resistenti alle ingiurie del tempo e del nichilismo o della superficialità del giudizio sul calcio e sullo sport. E’ pur vero che il calcio “minore” spreme, disillude, cambia l’essenza delle persone, presenta un bilancio spietato di rinunce e falsi miti, estrae la parte peggiore di chi venderebbe l’anima al diavolo pur di scalare categorie o guadagnare di più. In questa visione degenerata del calcio gli uomini come Paolo offrono il contraltare dell’ottimismo, della onestà, della spontaneità, dell’esempio, che alla fine è il momento più alto della pedagogia della vita.
I risultati raggiunti da Paolo sono stati notevoli ma ancora più significativo è stato il percorso seguito che ne connota con maggiore enfasi l’alto valore umano. A coloro che hanno conosciuto Paolo, che hanno condiviso momenti di calcio e di vita, che hanno sommessamente sofferto con lui e che hanno imparato tanto dalla sua sofferenza, l’onore e il dovere di testimoniare, oltre la nostalgia di quei momenti, la gratitudine per tutto ciò che di Paolo porteranno per sempre con loro.
Leonardo Denora

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