Il Carnevale: origini e curiosità
Il termine Carnevale deriva probabilmente dal latino “carrus navalis” (carro navale), termine reinterpretato nel Medioevo con “carnem levare” (togliere le carne). L’espressione latina “carrus navalis” indica i carri dalla forma di nave che nell’antichità erano utilizzati per portare in processione le statue delle divinità. Il carro è nell’immaginario religioso lo strumento del viaggio mistico-salvifico, da qui l’usanza dei carri mascherati di Carnevale. L’espressione latina “carnem levare” indica, invece, l’“addio alla carne” per l’inizio della Quaresima.
Nelle manifestazioni del Carnevale è possibile individuare il carattere propiziatorio, attraverso il rinnovamento delle fecondità della terra e l’esorcismo della morte. Non a caso si svolge durante il mese di febbraio, periodo dedicato nell’antichità ai riti di purificazione (Lupercali) tenuti in onore del dio etrusco Februus e della dea romana Febris (per il cristianesimo, poi, della Madonna della febbre). Non a caso febbraio deriva dal verbo latino februare, che significa “purificare”.
Già nell’Antico Egitto si festeggiava una specie di Carnevale, ricorrenza in onore della dea Iside durate la quale gruppi mascherati, attraverso lo scherno, rappresentavano simbolicamente un temporaneo rovesciamento dell’ordine precostituito.
Il carattere propiziatorio lo ritroviamo nella conclusione del Carnevale, racchiuso nel rogo del simulacro del Carnevale, il fantoccio. Questa specie di cerimonia risale ai riti propiziatori di origine contadina, ben augurali per la fecondità della terra, dove il rogo rappresentava il passaggio dalla morte alla vita e le ceneri ottenute diventavano concime per la terra per poterne ricevere i frutti dall’imminente Primavera. La Chiesa di Roma ha trasferito tutto ciò nel simbolo del “Mercoledì delle ceneri”, dove la cenere dell’ulivo pasquale dell’anno precedente, cosparsa sulla fronte del fedele, lo accompagna nel percorso di rinnovamento della Quaresima.
Anche il lancio di coriandoli ha un’origine apotropaica. Nell’antica Grecia attraverso il lancio di foglie o petali di fiori (phyllobolia) si dimostrava la partecipazione a un evento vittorioso (ritorno di eroi da una battaglia o vincita di un atleta), ma era anche un rito propiziatorio grazie ai poteri magici attribuiti ai fiori e alle piante, non a caso erano lanciati pure in occasione di matrimoni o funerali.
Inizialmente erano semi di coriandolo (da qui il nome) glassati con lo zucchero. Dal 1875, grazie all’ingegnere italiano Enrico Mangili che decise di usare i dischetti di scarto dei fogli bucati per le lettiere dei bachi di seta come elementi colorati da lanciare in aria, sono diventati i più economici pezzi di carta multicolori.
Attraverso il rito del Carnevale si allontanavano dunque gli spiriti maligni e si esorcizzava la morte. L’uso della maschera che ride, infatti, era legato alla credenza che la risata, anche se non reale, allontanasse gli spiriti maligni e la morte stessa. La maschera (probabilmente dall’arabo “mascharà, che vuol dire scherno, satira), inoltre, rendeva irriconoscibili il ricco e il povero, facendo scomparire le differenze sociali. Infatti il Carnevale ha anche una funzione sociale, poiché è l’irrisione di un ordine stabilito, seppur controllata e limitata nel tempo (ad esempio il povero che si traveste da nobile, l’uomo da donna e il contrario): attraverso il Carnevale si smette temporaneamente di essere sé stessi per assumere le sembianze e il comportamento della maschera che si indossa.
Grazie al Carnevale, molti hanno la possibilità di indossare una maschera in più.