Chiesa di San Sebastiano, oggi del SS.mo Crocifisso, incontro all’AUSER di Gravina
Il restauro avvenuto tra il 2022 e l’anno in corso e completato nel mese di maggio scorso ha fornito l’occasione all’ Associazione AUSER di organizzare un incontro nell’attuale sede in piazza della Repubblica a Gravina per rievocare la sua storia con questi temi: “La Chjiese e u stratône de Criste”, affidando la storia della Chiesa al prof. Pietro Elia e quella del lungo corso intitolato via S. Sebastiano al prof. Michele Gismundo. Sono intervenute due poetesse: Amelia Sgobba e Marina Delvecchio. Ha concluso l’incontro la presidentessa Angela Picciallo.
L’erezione della chiesa, del convento e del chiostro attigui risalgono al 1474 ad opera dei Frati Minori Osservanti una filiazione del Francescanesimo, su una preesistente badia benedettina sorta accanto ad un’antica chiesetta intitolata alla Madonna della Pace. Tesi riportata da Giuseppe Lucatuorto in “Gravina Urbs opulenta”, p. 17
La prima intitolazione della chiesa oggetto di studio, sorta a sud di Gravina a breve distanza dalla strada che scende al trivio per Matera, Irsina e per il Cimitero, è stata dedicata a S. Sebastiano, martire del III° secolo d.C. sotto la persecuzione di Diocleziano. Il motivo di tale dedica è presto detto: S. Sebastiano subì il supplizio di essere colpito sul suo nudo corpo da tante frecce e rimasto in vita, fu poi gettato nella Cloaca Maxima romana dove morì, ma il suo corpo arenatosi ad un’ansa fu trasportato da una pia cristiana nelle catacombe che presero il suo nome sulla via Appia. L’analogia della guarigione del milite romano Sebastiano dalle ferite provocate dalle numerose frecce fu associata alla guarigione dalla peste bubbonica diffusa sul corpo degli appestati.
Dato storico certo, che ne testimonia il culto sin dai primi secoli, è l’inserimento del nome di Sebastiano nella Depositio martyrum, il più antico calendario della Chiesa di Roma, risalente al 354. Infatti fu eletto dalla Chiesa del tempo come taumaturgo nelle epidemie di peste. Nel 1483 il nostro Territorio fu colpito da una terribile peste. La popolazione invocò l’aiuto di San Sebastiano e il miracolo avvenne e non solo a Gravina ma su gran parte del Territorio pugliese come si evince dalla estesa devozione a questo Santo da Spinazzola a Matera.
Sebastiano è anche patrono degli Agenti di Polizia locale. Storicamente in seguito ai Patti Lateranensi (11 febbraio 1929) S. Sebastiano divenne patrono della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale.
Ma riprendiamo il discorso sulla descrizione della chiesa in oggetto: Chiesa a tre navate con 8 arcate che aprono sulla navata centrale, rispettivamente 4 a destra e 4 a sinistra, poggianti su 10 pilastri ottagonali. La struttura ci riporta al 1° Rinascimento italiano con alcuni elementi architettonici di stile bizantino come i 10 pilastri a forma ottagonale e tre aperture a forma di croce greca al fine di permettere l’ingresso della luce solare dall’esterno, rispettivamente: una croce sulla facciata di prospetto, una sulla parete interna di parte destra e una sulla parete interna di parte sinistra diametralmente opposta a quella di destra, tutte e tre chiuse da vetrate attraverso le quali penetra la luce.
La chiesa in oggetto ha subito diversi cambiamenti lungo i secoli successivi, rispetto alla prima costruzione. Almeno 4 cappelle oggi non esistono più. Erano patronato di alcune famiglie patrizie: come De Leonardis, Maddalena, Tucci e Maiorana.
Determinante è stato il concorso del Duca Ferdinando II Orsini (1538 + 1583) nei rifacimenti successivi. Costui, in seguito alla morte della sua prima consorte Virginia della Rovere dei Duchi di Urbino, concorse alla erezione della cappella di patronato di casa Orsini, la prima sul lato sinistro di chi guarda l’altare.
Questa cappella, servì da sepolcro ai morti di questa famiglia prima che sorgesse la chiesa di S. Maria dei Morti che il popolino chiama u Priatorje (il Purgatorio in P.zza Notar Domenico). Questa prima cappella a sinistra di chi guarda l’altare fu eretta in onore della Vergine del Carmelo; è tutt’ora dotata di un magnifico altare con un grandioso ciborio entrambi in legno intagliato, opera probabilmente degli stessi frati e di maestranze locali.
Dopo l’ultimo restauro effettuato negli ultimi due anni (2022-2023), il ciborio è stato rimosso da tale cappella e trasferito sul lato destro di chi scende dall’altare maggiore con la funzione di principale tabernacolo della stessa chiesa.
Nell’ultimo restauro è stato costruito un nuovo altare tutto marmoreo e sulla parete subito dietro l’altare campeggia la tela di san Sebastiano, rimossa dalla cappella del presepe, ultima sul lato destro di chi entra in chiesa.
La seconda cappella a sinistra di chi guarda l’altare, conserva i resti de patrizio Angelo Guida come si evince da una iscrizione in latino sulla parete entrando a sinistra. Sull’altare di questa cappella un Crocifisso di legno, di grande importanza per questa chiesa e per tutta Gravina riferibile ai secoli XIV-XV, viene ogni anno portato in processione alla Festa di Cristo che si tiene l’ultima domenica di maggio o la prima domenica di giugno, se la domenica di Pentecoste cade nell’ultima domenica di maggio.
Fondamentale nell’ usanza di venerare tale crocifisso dopo la S. Pasqua è stato nei secoli addietro la benedizione dei campi che si fa tutt’ora, prima della raccolta del grano e altri cereali. Tale benedizione in passato era denominata “Rogazioni” dal latino rogare = pregare.
Le Rogazioni, in tempi andati duravano tre giorni e si facevano il lunedì, il martedì, e il mercoledì prima dell’Ascensione che cadeva di giovedì, 40 giorni dopo la Pasqua.
Domenico Nardone in “Notizie storiche sulla città di Gravina” p. 221 sposta esattamente ad un secolo dopo sia la costruzione della suddetta chiesa (1574) che la costruzione di un altare votivo a san Sebastiano (1583) avendo il popolo gravinese attribuito a questo Santo la grazia di essere rimasto immune dalla peste.
Il sottoscritto propende per la tesi del Lucatuorto circa la prima erezione della chiesa, e accettando la collaborazione successiva di Ferdinando II Orsini (VIII° Duca di Gravina) nel rifacimento della 1^ cappella a sinistra di chi entra in chiesa intitolata alla Vergine del Carmelo.
La traduzione di una vasta epigrafe marmorea, copia fedele di una Bolla pontificia, presente nella cappella centrale a destra di chi entra in chiesa, mi ha indotto a propendere per la tesi del Lucatuorto. La cappella di cui parlo è intitolata alla Deposizione di Cristo dalla croce come attesta la tela che sovrasta l’altare e che viene menzionata nella stessa epigrafe copia della bolla pontificia. Ecco brevemente il contenuto dell’epigrafe:
GREGORIO XIII NEL 1577, A SEI ANNI DALLA SUA ELEZIONE A PONTEFICE DI SANTA ROMANA CHIESA CONCEDE L’INDULGENZA PLENARIA ALLE ANIME CHE SI TROVANO IN PURGATORIO, PER LE QUALI SACERDOTE SECOLARE O FRATE MINORE OSSERVANTE, CELEBRERA’ LA SANTA MESSA SULL’ALTARE DI CRISTO DEPOSTO DALLA CROCE NELLA CHIESA DI SAN SEBASTIANO.
In questa cappella sotto l’altare dopo i recentissimi restauri è stato collocato il Cristo disteso con i fori nelle mani, nei piedi e nel costato reso in argilla. Tale statua prima dei restauri recenti era sistemato su di un tavolo nella cappella degli Orsini.
Domenico Nardone a pag 222 dell’opera citata riferisce che i Frati Minori Osservanti di Gravina, in seguito ad un litigio con i confratelli presenti in Altamura che avevano imposto un loro frate a superiore generale, dovettero cambiare la denominazione da Frati Minori Osservanti a Frati Minori Riformati. Questo cambiamento imposto dalla popolazione gravinese in pochi anni fece aumentare di numero i Frati di Gravina che da 16 passarono a 40. Ecco allora che si innalzarono nuove fabbriche come l’ampliamento del convento che sovrasta il chiostro adiacente alla stessa chiesa.
I Frati, oltre al disimpegno delle pratiche religiose furono impiegati nella lavorazione della lana che arrivava dalle nostre campagne e dalla Capitanata (Foggia).
Cardata e filata tale lana veniva distribuita anche ad altri conventi per la tessitura delle cosiddette “Friandine”. In questo convento sorse pure una ricca biblioteca di opere ecclesiastiche, storiche e letterarie. Per un paio di secoli i Riformati si prodigarono tanto da fornire i panni a tutti i monaci della Provincia.
La loro dimora sempre accanto alla chiesa dove osserviamo un grande Chiostro a forma quadrata con arcate e grosse colonne cruciformi su cui si regge il porticato del convento e le fabbriche del primo piano. Al centro del Chiostro, a cielo aperto l’antico pozzo. Lungo il perimetro del Chiostro si snoda un vasto corridoio con pregevoli pareti seicentesche affrescate da Fra’ Giuseppe da Gravina e dedicate a fatti ed episodi della vita del Serafico ed altri santi e beati dell’Ordine. Dove un tempo c’era il refettorio dei Frati, oggi auditorium funzionale alla Parrocchia che dopo il Concilio Vaticano II ha assunto il nome di SS.mo Crocifisso, rimane nascosto su di una grande parete un pregevole affresco: L’Ultima Cena di Gesù e gli apostoli. Chi scrive l’ha visto e ammirato qualche anno fa. Oggi, purtroppo, resta nascosto.
Il 15 agosto 1867 fu varata la legge che sopprimeva tutti gli ordini religiosi presenti nel Regno, ritenuti superflui alla vita religiosa del Paese, mentre agli enti ecclesiastici rimasti (seminari, diocesi, parrocchie, canonicati, fabbricerie e ordinariati) fu imposto un aggravio fiscale del 30 %.
I provvedimenti governativi del Regno d’Italia furono considerati come un sopruso, una usurpazione indebita. Sappiamo che la leva obbligatoria per affrontare le guerre coloniali estesa anche ai giovani lavoratori della terra scatenò il brigantaggio. Da Gravina scomparvero i Riformati e altri monaci. Per la precisione nella nostra Città
Prima di questi iniqui provvedimenti c’erano 4 ordini di Religiosi e 4 ordini di Religiose.
In seguito il Convento e il Chiostro sono stati sede di un Ricovero di mendicità dalla data della dipartita dei Frati fino al 1970, quando quell’attività umanitaria ebbe termine grazie alla presenza di Case per gli anziani gestite da nuovi Enti pubblici e privati.
Nel 1929 i Patti Lateranensi tra Chiesa e Stato infusero nei Cristiani nuove speranze.
Nella nostra Diocesi già dal 1922 era giunto dalla Sardegna Mons. Sanna che proprio il 1° maggio 1929 istituì la Congregazione delle Figlie di Gesù Crocifisso. Questo Vescovo nel 1931 nominò Rettore della chiesa di San Sebastiano un giovane sacerdote di Gravina, don Filippo Evangelista. Questo Sacerdote dopo qualche anno si fece monaco Benedettino col nome di Benedetto Evangelista. Inoltre istituì due nuove Parrocchie: quella di San Francesco (31 ottobre 1931) affidata a Padre Guglielmo dei Frati Francescani Conventuali, anche Mons. Sanna era un Conventuale, e quella della Madonna delle Grazie (1952), affidandola a Padre Plutino, coadiuvato da Padre Alemanno entrambi conventuali. Alla fine di questa dissertazione voglio riportare la richiesta nel 1938 di Mons. Sanna al Podestà di Gravina di Gravina Vincenzo Tota.
Il 30 maggio 1938, tra il Vescovo Sanna e l’allora Podestà Vincenzo Tota, fu stipulato una convenzione mediante la quale il Vescovo rinunziava a tutti gli altri conventi confiscati e otteneva il convento cinquecentesco di San Felice con l’attigua chiesa.
Dopo circa 70 anni di chiusura di tale convento, fu lo stesso Mons. Sanna a recuperarlo e a renderlo funzionale accollandosi tutte le spese. Oggi tale convento è deserto perché attende il completo restauro essendo stato riconosciuto Bene Monumentale Nazionale dalla Sovrintendenza di Bari.
NOTA. L’Auser è una associazione di volontariato e di promozione sociale, impegnata nel favorire l’invecchiamento attivo degli anziani e valorizzare il loro ruolo nella società. Un’associazione per la quale la persona è protagonista e risorsa per sé e per gli altri in tutte le età. L’Auser si propone tra l’altro di diffondere la cultura e la pratica della solidarietà e della partecipazione; di valorizzare l’esperienza, le capacità, la creatività e le idee degli anziani; di sviluppare i rapporti di solidarietà e scambio con le generazioni più giovani.
Prof. Pietro Elia
Scatti di Carlo Centonze
Correggere “friandine” con “fiandrine” derivato da Fiandre. Inoltre eliminare la ripetizione di Gravina a proposito del Podestà Vincenzo Tota. Grazie!