Renzo Paternoster: “costruire un Presepe innanzi tutto nel nostro cuore”
I primi cristiani usavano scolpire o dipingere le scene della nascita di Cristo nei loro punti di incontro (ad esempio nelle Catacombe). La prima rappresentazione della Natività si ritrova nell’affresco delle catacombe di Santa Priscilla (II sec. d.C.), che raffigura la Madonna con in grembo il Bambinello, per la presentazione ai re magi. Dal III-IV secolo fino al XIII, molte rappresentazioni della Natività in bassorilievo esistenti in Italia presentano la Vergine distesa accanto al Bambino poggiato nella mangiatoia (tipica posizione sostenuta dalla Chiesa cristiana d’Oriente). Solo dopo il XIII secolo, con l’affermarsi del culto mariano, grazie alle elaborazioni teologiche di san Tommaso e di san Bonaventura, si ritenne che il parto della Vergine non poteva essere rappresentato come quello di una comune mortale: da allora Maria e Giuseppe furono rappresentati in ginocchio, adoranti il loro figlio-Dio.
Quando il cristianesimo divenne religione ufficiale e poté essere professato fuori dalla clandestinità, l’usanza di rappresentare attraverso affreschi, dipinti o bassorilievi andarono ad arricchire le pareti delle prime chiese. San Francesco d’Assisi fu il primo a rappresentare il Presepe in forma vivente. Dopo il suo viaggio a Betlemme nel 1222, Francesco realizzò un presepe vivente a Greccio durante la messa di Natale del 1223.
La realizzazione del primo Presepe inanimato, secondo alcuni studiosi, si ebbe nel III secolo, per opera di papa Liberio (352- 355). Costui, infatti, fece erigere a Roma, in un altare della basilica detta “Santa Maria ad praesepe” una “tettoia” in legno retta da tronchi d’albero, presso il quale ogni anno era celebrata la messa di Natale. Altre “tettoie” furono poi erette in altre chiese. Secondo altri è avvenuta nel 1025, con l’esposizione d’alcune statue in legno rappresentative della scena della nascita di Gesù, nella chiesa di Santa Maria del Presepe a Napoli.
La prima realizzazione documentata di un Presepe con personaggi a tutto tondo, invece, risale al 1283 a opera dello scultore Arnolfo di Cambio (1240 circa – 1302) che scolpì otto statuette in marmo rappresentanti i personaggi della Natività. Commissionato dal primo papa francescano, Niccolò IV (1288-1292), si trova ancora nella basilica romana di S. Maria Maggiore.
I primi presepi del Trecento sono in realtà delle grandi figure in marmo, legno o terracotta, collocate stabilmente in una cappella ed esposte tutto l’anno, caratteristiche, queste, che il Presepe manterrà fino alla fine del XVI secolo. All’inizio del Cinquecento, alle figure della Madonna, di san Giuseppe, di Gesù bambino e del bue e l’asinello, si aggiunsero altri numerosi elementi decorativi, rendendo il Presepe più popolare: angeli e poi anche gente comune, pastori, lavandaie, fabbri e altre mille statuine dalle pose ed espressioni più varie. Questo fu dovuto principalmente all’opera di San Gaetano Thiene: egli cominciò ad arricchire la rappresentazione con personaggi che appartenevano sia al mondo antico sia a quello contemporaneo, senza alcun timore di eventuali anacronismi: in tal modo il santo diede vita a quella che sarebbe rimasta una delle principali caratteristiche del Presepe, cioè la sua atemporalità. Di questo ha approfittato soprattutto la tradizione presepiale napoletana, la quale “aggiorna” continuamente la rappresentazione con nuovi personaggi. Così si ritrovano raffigurati accanto ai tradizionali pastori, anche personaggi contemporanei (ad esempio Totò, oppure Maratona).
Il Concilio di Trento, conclusosi nel 1563, stabilì norme precise sul culto dei santi e delle reliquie, accettando la rappresentazione del Presepe quale espressione della religiosità popolare. Tra il Seicento ed il Settecento il Presepe si avvia a uscire dalle chiese per fare il suo ingresso nelle case patrizie e alto borghesi, montato e rimontato di anno in anno. Nel Settecento si diffonde il Presepe con parti in movimento che ha un illustre predecessore in quello costruito da Hans Schlottheim nel 1588, per Cristiano I di Sassonia.
Il Presepe subirà l’influenza delle mode del tempo. Così al tempo del razionalismo illuministico la tradizione del Presepe quasi decade, mentre con il Romanticismo si presenta più sobria e meno spettacolare.
La diffusione a livello popolare si realizzò pienamente nell’Ottocento, con figurini più piccoli. Man mano che passa il tempo, il Presepe assume i caratteri tipici del luogo dove è fatto, con le proprie fantasie e i propri personaggi.
Questo piccolo viaggio nella storia termina, ricordando che il Presepe è il simbolo del nuovo che nasce. Allora… “se nel Presepe contempliamo Colui che si è spogliato della gloria divina per farsi povero, spinto dall’amore per l’uomo” (messaggio Urbi et Orbi di Giovanni Paolo II del Natale 2003), seguiamo quest’esempio allontanando questo mondo dall’odio, dalla violenza e dall’egoismo, cercando di costruire un Presepe innanzi tutto nel nostro cuore per far nascere ogni giorno l’uomo nuovo”.
Renzo Paternoster
Foto di Carlo Centonze Presepe napoletano vivente ad Altamura, 2018. Una idea Algramà.
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