Lettera dalla America
Cari Amici di AlGraMà,
mi capita, oggi, di scrivere da un Paese che ci è caro per il sacrificio dei nostri avi alla ricerca di un futuro migliore. Quel futuro siamo noi, i nostri figli, lo saranno i nostri nipoti non ancora nati.
Sono arrivato a Cincinnati da New York per l’ammucchiata dei diplomati del 1964 nella gloriosa Mariemont High School, un liceo nella cittadina ridente di Mariemont. Siamo nella valle dell’Ohio, il “grande fiume” degli Iroquoi che separa lo stato omonimo dal Kentucky. Pensate, tra le glorie di questa scuola non c’è soltanto lo scrivente (ridete pure, vi fa bene…); ci sono olimpionici con medaglie d’oro, attrici di Broadway e Hollywood, un luminare della Ginecologia moderna con cui gareggiavo nel Getto del peso, una stella del football americano che ha conquistato un ruolo di primissimo piano negli affari immobiliari, un altro ancora che, laureatosi in Letteratura inglese, si è iscritto alla più prestigiosa Scuola di perfezionamento in Gestione aziendale nel Midwest per poi raggiungere la vetta della massima azienda di investimenti al mondo. Non mancano ottime testimonianze di studiosi che si sono distinti negli atenei di ogni continente (ma è un settore in cui ci si copre di gloria solo dopo l’assegnazione del Premio Nobel). È stato molto suggestivo ritrovare dopo tanti anni l’ottima tradizione musicale mantenuta in una chiesetta in cui si affacciavano curiosi i pellerossa della zona, gli Shawnee, nella prima metà dell’Ottocento. Ci sono entrato con Sandy, vedova di un mio carissimo amico.
Consentitemi qualche cenno sulla fiorente “Queen City”: così chiamano Cincinnati già dagli inizi dell’Ottocento, data la posizione strategica della città – fondata nel 1788 – in grande espansione nella valle dell’Ohio, il “grande fiume” che si attraversava alla conquista del West. La chiamarono Cincinnati per due ragioni: perché circondata da sette colli e per la forte vocazione alla pacifica agricoltura dopo gli scontri con i pellerossa, sull’esempio del generale romano, Lucio Quinzio Cincinnato, dittatore confermato e piccolo agricoltore per scelta. Lo testimonia il titolo di una poesia dedicata a Cincinnati nell’Ottocento: Seven Hills and a Queen to Name Them.
Nel 1929 si svolse a Cincinnati il convegno nazionale dei Sons and Daughters of Italy, la più nota associazione di immigrati italiani che ancora oggi raccoglie i discendenti e molti italofili simpatizzanti. L’evento non poteva sfuggire alla poderosa macchina propagandistica del regime fascista, già impegnato ad ottenere l’appoggio del popolo americano alle mire colonialiste di Mussolini. Fu così che nel 1932 venne inaugurata la copia in bronzo della Lupa di Roma, nota anche come lupa palatina o lupa capitolina sull’altura dell’Eden Park, il più bel giardino pubblico di Cincinnati, con vista mozzafiato dell’Ohio e dei molti ponti che lo attraversano. Sul pedestallo in marmo che regge la lupa si legge la dedica su due righe: IL GOVERNATORE DI ROMA ∙ ALLA CITTÀ DI CINCINNATI.
Si dà il caso che il governatore di Roma in quel periodo fosse il principe Francesco Boncompagni Ludovisi, silurato da Mussolini, braccato da Hitler, protetto e tenuto in grande stima dagli inglesi, avendo messo a loro disposizione il proprio palazzo romano, adibito a quartiere generale della Croce Rossa. Ciononostante, la Lupa simbolo della “romanità” di Cincinnati e della amicizia tra due popoli è stata oggetto di atti vandalici e addirittura di furto. Già nel 2020 un consigliere comunale di Cincinnati, il cui nome è bello tacere, ha condotto una campagna diffamatoria contro la Lupa Capitolina, testimonianza del regime fascista e pertanto oggetto indegno di occupare un sito pubblico di Cincinnati. Siamo alla parallasse storiografica che – sappiamo bene – stanca la Fama da qualche anno: bisogna distruggere tutte le statue di Cristoforo Colombo, degli esploratori inglesi (il capitano Cook tra i primi), di George Washington, di Cecil Rhodes e insomma di tutti quegli avventurieri che hanno convissuto con il colonialismo e lo schiavismo a titolo diverso, vale a dire cancellare la Storia, quella con la “S” maiuscola che i migliori Maestri ci hanno insegnato a tenere sacra perché ci insegna a vivere, ad evitare gli errori del passato. Quindi via la Lupa di Roma dal parco-giardino di Cincinnati perché dono di un popolo – ancorché amico – governato da un dittatore. Cancellare tutto per poi partire da dove? Dall’oblio?
Personalmente, nutro serie riserve sul ruolo di Garibaldi nella unificazione del nostro Paese; non per questo mi sognerei di espungere Garibaldi dalla nostra Storia; e Napoleone – italiano di nome, non certo di animo – i cui soldati hanno alleggerito il Lombardo-Veneto di una parte cospicua del patrimonio artistico? Discorso inutile, antistorico, promotore di oscurantismo; come oscurantista e indice di miopìa storica è continuare a parlare oggi di “Costituzione antifascista”. Il divieto netto e sacrosanto del fascismo è nella “XII disposizione transitoria e finale della Costituzione italiana”, ribadita anche dalla cosiddetta Legge Scelba del 1952. Nessuna logica sana può giustificare l’attributo di antifascismo alla Costituzione italiana che festeggiamo oggi, dopo 76 anni dalla promulgazione, inattuale e antistorico ogni connotato transitorio. Ci conviene, semmai, osservare criticamente le inadempienze, la negligenza rispetto al dettato della Costituzione. Solo ieri, da New York, leggevo l’augurio della buonanotte da Roma di un carissimo e sapientissimo amico che nel 1948 era maggiorenne:
Domani festa della Repubblica. Viva la Costituzione che dice che l’Italia ripudia le guerre. Sto leggendo (in italiano) The Sleepwalkers. How Europe went to War in 1914: un libro illuminante su come i Grandi che reggono le sorti del mondo siano incapaci di dominare gli eventi e gli istinti peggiori del peggior essere che vive sulla terra: l’uomo.
Buon sonno.
L’autore del libro citato è l’australiano Christopher Clark, professore a Cambridge, il cui metodo storico si colloca comodamente nell’insegnamento di Gaetano Salvemini, almeno per lo studio dell’abuso e della negligenza di chi detiene il potere.
A Cincinnati ha prevalso il buonsenso: i figli e i nipoti degli immigrati italiani hanno raccolto sessantamila dollari per commissionare una nuova Lupa ad una fonderia artistica nella provincia di Firenze e la statua fa dinuovo bella mostra della romanità di Cincinnati a Eden Park. Curiosità: nell’area metropolitana di Cincinnati c’è una cittadina di trentaduemila abitanti, sulla strada per l’aeroporto, oltre il grande fiume e quindi nello stato confinante del Kentucky: la cittadina si chiama Florence!
Viva l’Italia!