Le grotte di Sant’Angelo a Santeramo e la via micaelica
Questo articolo nasce dal desiderio di porre nuovamente l’attenzione sulle nostre bellezze artistico – culturali ed in particolar modo sulle grotte di Sant’Angelo e sul culto micaelico, a partire dalla consultazione di vari documenti redatti da esperti ed appassionati del territorio murgiano– santermano e cultori delle materie che trattano lo studio delle formazioni carsiche e della storia ad esse collegata con le relative realizzazioni di strutture costruite dalle mani dell’uomo. Grazie alla loro posizione geografica, le Puglie ed i suoi porti erano luogo di passaggio e scambio per la Roma Antica con il versante Mediterraneo orientale ed inoltre un territorio proteso verso la Terrasanta. Nello specifico, il territorio santermano è ricco di siti d’importanza storico-archeologica, culturale e naturalistica ed in considerazione del fenomeno carsico, possiamo rilevare la presenza di grotte sparse sulla murgia utilizzate dall’uomo per svariate funzioni e fini religiosi e cristiani. L’ipogeo carsico, adattato al culto cristiano di san Michele Arcangelo, probabilmente verso il V secolo da monaci basiliani devoti al culto micaelico (come testimoniato anche per il santuario di Monte Sant’Angelo sul Gargano) risulta nei secoli precedenti adibito al culto delle acque di stillicidio, ovvero lo sgocciolamento dell’acqua per effetto della forza di gravità relativo al fenomeno del carsismo. All’interno della grotta-santuario di Sant’Angelo sono visibili i resti di affreschi, tra cui una Madonna col Bambino e sull’arco che introduce con un lungo dromos a un’ampia sala, è raffigurato un Cristo circondato dagli Apostoli. In effetti, il santuario, rimasto vitale fino alla fine del Medioevo, era un centro di culto micaelico di primaria importanza nelle Puglie del periodo tardo – antico e medievale, secondo, forse, solo a quello di Monte Sant’Angelo. Dalla lettura di diversi documenti prodotti dagli studiosi, le grotte di Sant’Angelo presentano un numero sorprendente di graffiti e migliaia di petroglifi lasciati dai pellegrini. La sua importante posizione geografica che ha rivestito nelle varie epoche è dovuta anche alla presenza di numerose cisterne d’acqua (come quella di Lago Travato). Dunque, l’acqua è stata un elemento di cardinale importanza per l’uomo che viaggiava ed attraversava il territorio. Infatti, lo Jazzo (spazio realizzato con muri a secco, in cui si ritrovano anche nicchie, che circonda la struttura della chiesa al di sopra della grotta) Sant’Angelo era all’epoca un punto nodale di una rete viaria che grazie alle grotte rese sacre, divenne un importante punto di riferimento e tappa degli stessi pellegrini e viaggiatori di passaggio dalle nostre terre. Punto di riferimento che congiungeva le terre del metapontino alla costa adriatica ed inoltre vicino alle vie di commercio costruite dai romani, la famosa Appia Antica ed la Appia Traiana. Il santuario di Sant’Angelo, di recente meglio conosciuto come Grotte di Sant’Angelo, risulta essere un importante luogo storico ed artistico che già nel lontano 1940 venne sottoposto a vincolo di tutela artistica e nel 1980 dichiarato Monumento Nazionale. Negli anni si sono susseguiti diversi interventi che, però, ancora oggi non hanno saputo dare il giusto risalto a quest’opera artistico-culturale e storica appartenente al nostro territorio e che ne impreziosisce il patrimonio. Pertanto, questo monumento appare meritevole di una più ampia e concreta tutela, nonché di una giusta ed urgente valorizzazione.
Virgintino Luigi e Angelo
Riferimenti bibliografici:
Il santuario di Sant’Angelo in Santeramo, Adda, Bari, 2008 La grotta di Sant’Angelo, in “Partecipare”