L’Influenza Spagnola a Gravina
Lo storico di razza sacerdote don Angelo Casino (1932-2013), appassionato della millenaria storia di Gravina in Puglia, ci racconta di una epidemia influenzale denominata “La febbre spagnola”, malattia che si diffuse in tutto il mondo tra il 1918 e il 1920. In uno dei suoi numerosi libri pubblicati, “La Terra Santa a Gravina di Puglia”, edito dal Circolo culturale “Aquila” nel 2007, l’autore narra della vita sanitaria cittadina, dei divieti, delle sofferenze e dei lutti di una popolazione annientata dal virus. La foto che pubblichiamo ci ricorda il luogo dove venivano sepolti i numerosi morti di quella epidemia, a ridosso del Cimitero di Gravina, la cosiddetta Terra Santa. Il prefetto dell’epoca, con apposita circolare datata 31 agosto 1918, allarmò i cittadini della Provincia di Bari “sui provvedimenti da prendere per far fronte alla malattia a tipo influenzale, che da qualche tempo si è sviluppata nel Regno e in questa Provincia con forme qualche volta gravi, seguita da decessi. È necessario – recitava la nota prefettizia – che alla popolazione venga fatta presente la necessità di curare la pulizia e l’igiene della persona, delle abitazioni e degli utensili domestici, di astenersi da cibi indigesti e poco nutrienti, di ricorrere subito, appena qualche sintomo della malattia si manifesta, all’aiuto e consiglio del sanitario, di astenersi dal frequentare luoghi chiusi ed affollati, essendo tali locali facili veicoli del morbo. I servizi pubblici di pulizia del paese, di trasporto delle acque luride, di espurgo degli orinatoi devono essere curati con la massima intensità dalle Amministrazioni comunali”. Furono prese, per quello che si poteva, sufficienti misure di protezione sanitaria a Gravina in Puglia. Ma il bene e il male non hanno orari, sono improvvisi: l’uomo deve stare sempre all’erta, per proteggersi. L’epidemia incalzava giorno per giorno: il 25 settembre 1918 l’ufficiale sanitario notificava al Comune i primi 4 decessi, il 28 settembre 14 decessi, il 30 settembre 22 decessi, il 1° ottobre 38 decessi, il 4 ottobre 24 decessi, il 9 ottobre 18 decessi, il 10 ottobre 14 decessi, il 12 ottobre 10 decessi, il 27 ottobre nessun decesso, il 6 novembre nessun decesso. In poco tempo famiglie intere furono cancellate. Ecco alcune testimonianze raccolte da don Angelo e pubblicate nel suo libro: “I falegnami sospesero la costruzione delle bare perché non potevano soddisfare tutte le esigenze. Il comune prendeva in fitto traini e carrozze che giravano per le vie del paese a prendere i cadaveri, i quali venivano sistemati nel locale cimitero per poi essere trasportati nella zona della Terra Santa. Una infezione che veniva favorita da una grande sporcizia imperante per le strade e nelle case”. Il sindaco chiese al prefetto altri disinfettanti. Il prefetto rispose: “non avendone altro a disposizione, per le disinfezioni dei cortili e delle strade si può usare il latte di calce. I soldati possono essere utilizzati anche per integrare qualche altro servizio igienico che in qualche modo risulti deficiente”. Furono previste pene severe per i trasgressori: pena pecuniaria di Lire 500 e carcere da uno a sei mesi. Ai pochi medici impegnati, qualcuno proveniente da altri paesi, l’Amministrazione comunale, conferiva attestazioni di stima profonda e gratitudine per l’opera prestata: tra questi vengono ricordati, per la lodevole assistenza i medici locali Giovanni Lopez e Michele Gigliobianco, nonché il tenente medico di Aversa (Caserta) dott. Luigi Gallo. Ultima notifica di allarme dell’Ufficiale sanitario del 3 dicembre 1918: “Sig. Sindaco, essendomi pervenute due denunce di morbo influenzale di due coniugi provenienti da zona di Guerra, consiglio la S.V. voler disporre l’isolamento dei due ammalati e piantonare l’abitazione, in modo che nessuna persona, per qualsiasi ragione, possa avere contatto con gli ammalati”. Mondo era, mondo è, e mondo sarà.
Le analogie con l’attuale pandemia sono tante così come ben sintetizzato nel detto nostrano ” Munn ior’ e munn’ je’! Allora ci si difese alla men peggio con mezzi offerti dalla natura: ad esempio assunzione di aglio e cipolla. I più robusti superarono la spagnola mentre i più deboli soccombettero. Tutta la scienza contemporanea è nell’affannosa ricerca di un vaccino, di un antidoto per combattere efficacemente il Covid19, penso che si arriverà a trovare il modo per vincere l’attuale pandemia. E questa non la prima, né sarà l’ultima. All’umanità l’arduo compito di vivere rispettando la natura e le leggi intrinseche che la governano.