Il pastificio “Salve Diva” di Gravina fu una delle realtà produttive più belle della nazione
Il pastificio “Salve Diva” di Gravina in Puglia, marchio dalle iniziali del nome e cognome del titolare dell’industria Salvatore Divella, fu una azienda di tutto rispetto conosciuta ed apprezzata in tutta Europa nel secondo dopoguerra, una delle realtà produttive più belle della nazione.
Ho avuto modo di leggere il libro scritto da Tato Divella, Salvatore Divella 1904-1977, Adda Editore, Bari 2018 ed ho voluto – attraverso le mie modestissime “Pillole di storia” – ricordare la figura e l’opera di un concittadino murgiano di tutto rispetto, capace si direbbe, intraprendente e lungimirante. Ho voluto rievocare, a bella posta, una stagione di un’attività lavorativa contrassegnata dall’impegno di un uomo che sicuramente portò benessere, crescita e sviluppo a centinaia di famiglie per quasi mezzo secolo, a ridosso della seconda guerra mondiale a Gravina in Puglia e nell’hinterland murgiano.
Salvatore Divella nacque a Gravina in Puglia il 23 settembre 1904. Il suo papà Agostino nel ’26 decise di lasciare Rutigliano e di trasferirsi nella città nativa di sua moglie insegnante Rosa Stimola, a Gravina in Puglia. Salvatore Divella a 15 anni lascia il seminario francescano di Bitetto per dedicarsi alla ricostruzione del rudere di un vecchio mulino acquistato dal padre su via Corato a Gravina in Puglia. Adempie agli obblighi di leva a Roma e a 26 anni sposa la nobildonna fasanese Irene Stella Reale, figlia del colonnello medico Francesco e di Eloisa Reale della nota blasonata famiglia di Acquaviva delle Fonti.
Coadiuvato dai fratelli guida l’attività produttiva del mulino del padre, un opificio risistemato, ben avviato con tre turni e con impianti moderni. Nel ’31 entra in funzione il pastificio, fiore all’occhiello del territorio murgiano, con una produzione giornaliera di 60 quintali di pasta.
Per una incomprensione col vice federale locale Salvatore nel ’41 viene confinato a Grassano, ma torna libero dopo qualche giorno perché viene riconosciuta l’arbitrarietà dell’atto.
Salvatore è un giovane intraprendente, illuminato e creativo, innamorato del suo lavoro: rinnova tutta la sua fabbrica con le tecniche più avanzate. Viene insignito Commentatore della Corona d’Italia al merito del Lavoro e nell’immediato dopoguerra riceve la onorificenza di Grand’ Ufficiale della Corona d’Italia al merito del Lavoro.
Nel ‘48, in pieno fervore della sua attività industriale si verifica un tragico evento: una massa crescente di disoccupati in sciopero per l’attentato all’on. Palmiro Togliatti del 16 luglio ’48 assedia la fabbrica, chiede che si fermi immediatamente il processo produttivo. Don Salvatore – così come lo chiamavano tutti – comunica che tutte le macchine sarebbero state arrestate alla fine del turno successivo. Intervengono le forze dell’ordine ma la situazione degenera: a causa dei tafferugli perdono la vita alcuni scioperanti e il giovane carabiniere Antonio Bonavita. I responsabili dei fatti e le precise dinamiche dell’accaduto rimarranno ignoti.
Nel ’49 la svolta aziendale: entrano in funzione i nuovi macchinari Buhler, i primi prototipi a trasporto pneumatico, i primi al mondo. Si moltiplicano in fretta produzione e fatturati, si allargano i mercati verso l’Argentina e il Nord America. Don Salvatore assicura la sua presenza ovunque, in tutte le fiere nazionali e internazionali. E’ punto di riferimento dell’industria molitoria italiana.
Si moltiplicano in quegli anni del cosiddetto miracolo economico italiano le promozioni aziendali di Salvatore Divella: il disco di musica popolare “Salve Diva”, un 78 giri, è nei primi posti delle classifiche nazionali; la polisportiva calcio “Salve Diva” è all’apice dei successi sportivi come la Prima Categoria Regionale degli anni Sessanta. In quegli anni di rinascita economica dell’Italia nell’azienda gravinese lavorano più di 600 persone, tra dirigenti, impiegati ed operai, nonché centinaia di collaboratori esterni, tra fabbri, falegnami, idraulici, elettricisti, tornitori, carpentieri, chimici, geometri e periti industriali.
Negli anni Settanta succede qualcosa, molti ed interessanti progetti vengono accantonati per sempre, a causa della “stagione delle rivendicazioni sindacali”, con l’entrata in vigore dello Statuto dei Lavoratori (Legge 20 maggio 1970, n. 300), cui fanno seguito le grandi vertenze davanti alla magistratura. Tutta l’attività produttiva viene irreparabilmente danneggiata. Indebolito e deluso dagli eventi don Salvatore, all’età di 72 anni, è preda di una grave crisi ischemica: scelse di togliersi la vita nell’androne della sua vecchia abitazione il 9 gennaio 1977.
Il pastificio “Salve Diva” di Gravina in Puglia passa così alla storia dell’industria italiana. E a quella delle grandi occasioni di sviluppo economico perdute sul territorio murgiano.
Michele Gismundo