Il cestaio, un mestiere destinato purtroppo a scomparire
Ogni tanto lo vedo il cestaio del mio paese, all’incrocio della strada per Altamura a vendere panari: un ambulante meccanizzato con il proprio tre ruote, un ossuto ottantenne tornato nel suo paese di origine dopo mezzo secolo di lavoro in terra tedesca. La sua pensione è ragguardevole, forse. Arrotonda, si direbbe. Mi affascina tantissimo quell’arte antica dell’intreccio. Il cestaio è un antico mestiere, una figura della tradizione, un mestiere destinato purtroppo a scomparire.
I ferri del mestiere del cestaio sono i rami, le foglie, i fusti, la corteccia e le canne. In passato l’arte del cestaio non era un’attività artigianale propriamente detta: era un’abilità umana comune a molti contadini e giovanissimi pastori, era un apprendimento che avveniva nella durezza degli addiacci o nelle masserie dei proprietari dell’industria armentizia, nelle ore serali dopo una giornata a pascolare.
Quella del cestaio è una delle più antiche arti manuali praticate dall’uomo: un’arte che dava in passato e forse ancora oggi pochissime soddisfazioni: “come quei pittori che dipingono ma non vendono mai quadri”. I cesti realizzati a mano sono diventati dei veri e propri oggetti ornamentali, per gli androni dei palazzi padronali o per le villette dei cosiddetti benestanti. Quei cesti e quei panari sono lì a rappresentare – nostro malgrado – l’Ancien Regime, quella società stratificata dominata dalla disuguaglianza e dall’ingiustizia, dalla povertà e dallo sfruttamento.
Nonostante tutto l’arte dell’intreccio resiste. Produce ancora svariati tipi di cesti, panieri e canestri realizzati rigorosamente in giunco, vimini e canna: manufatti tutti creati con l’ausilio di coltello e punteruolo, tutti fondamentali per mantenere vivo il ricordo di questa antichissima arte.
Un corso di cesteria oggi – magari nelle scuole – sicuramente farebbe felici molti ragazzi sbandati, quelli “perduti” si direbbe, quelli che evadono l’obbligo scolastico perché scarsamente motivati nell’apprendimento da insegnanti inesperti, diciamo così. Farebbe accrescere in queste umanità autostima e attaccamento alla vita – perché la vita è storia, è tradizione e amore verso il prossimo. In passato si trovava sempre qualcuno particolarmente bravo che costruiva i cesti per sé e per gli altri.
Michele Gismundo