Report sulle condizioni di vita dei pensionati
L’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT), in data 17 febbraio 2021, ha pubblicato, come ogni anno, il Report sulle condizioni di vita dei pensionati riferito al biennio 2018-2019. L’avvento della pandemia che ha caratterizzato l’intero anno 2020 e impegna tuttora l’anno in corso, è una fotografia molto diversa da quella analizzata nel rapporto, se non altro per la strage di anziani pensionati provocata dal virus Covid – 19. Tuttavia è utile approfondire il rapporto in cui sono presenti alcune considerazioni che segnalano una tendenza, altre una conferma, di quanto sta avvenendo in un Paese che invecchia speditamente.
Il numero dei pensionati italiani è sostanzialmente stabile e si attesta sui 16 milioni. Il rapporto tra spesa pensionistica e il Pil, il prodotto interno lordo, è stato del 16,8 per cento nel 2019 ed era del 16,6 per cento nel 2018. Una percentuale superiore alla media europea della spesa previdenziale, che però, in Italia, è ancora inclusiva della spesa assistenziale nonostante da tempo, da parte sindacale, sia stata avanzata la richiesta di separazione della previdenza dall’assistenza, su cui è al lavoro un’apposita Commissione parlamentare, il che non ci tranquillizza affatto su un rapido esito della questione.
L’andamento dell’importo medio delle pensioni è caratterizzato da un trend crescente nell’ultimo periodo, con uno sviluppo più marcato rispetto anche quello registrato dalle retribuzioni medie degli occupati. Ciò è dovuto all’arrivo a maturazione di pensioni con una contribuzione più cospicua, versata in anni di crescita economica e con una dinamica salariale favorevole, mentre è diminuito il peso dei trattamenti delle generazioni più anziane con una storia contributiva più breve e frammentata e profili salariali e contributivi mediamente più bassi.
Sono confermati invece i dati che definiscono le diseguaglianze storiche del tessuto sociale italiano.
Il 36,3% dei pensionati riceve ogni mese meno di 1.000 euro lordi, il 12,2% non supera i 500 euro. Un pensionato su quattro (24,7%) si colloca, invece, nella fascia di reddito superiore ai 2.000 euro.
L’importo medio lordo dei singoli trattamenti nel 2018 non supera i 500 euro mensili per le pensioni assistenziali e ammonta a quasi 1.469 euro per quelle di vecchiaia (17.634 euro annui).
La distribuzione territoriale della spesa pensionistica, così come i beneficiari delle prestazioni, risente sia delle differenze nei livelli e nella dinamica dell’occupazione, sia della diversa struttura per età della popolazione tra regioni, mediamente più anziana nel Nord del Paese. Più del 50% della spesa complessiva è erogata a residenti al Nord, soprattutto come beneficiari di pensioni di vecchiaia e anzianità – il resto nel Mezzogiorno (27,8%) e al Centro (21,1%).
Confermato sostanzialmente anche il “divario di genere”. Nel 2019, le donne ricevono il 43,9 % della spesa complessiva pur essendo in maggioranza tra i titolari di pensioni (55,2 %). In media, l’importo di una pensione di una donna è più basso rispetto a quello riservato agli uomini per lo stesso tipo di pensione. Lo svantaggio delle donne si spiega con il differenziale salariale dovuto a carriere contributive più brevi e ad una minore partecipazione al mercato del lavoro.
Il gap è in parte compensato dalla predominanza della presenza femminile tra le pensioni ai superstiti (86,3%), anche per una più elevata speranza di vita, e tra le pensioni assistenziali.
Un elemento di novità riguarda l’aumento dei pensionati che continuano a lavorare (+3,6%). Nel 2019, secondo la rilevazione sulle forze di lavoro, i pensionati che percepiscono anche un reddito da lavoro sono 420 mila. Si tratta per lo più di uomini (in tre casi su quattro), dei quali circa l’85% svolge un’attività lavorativa indipendente, oltre due terzi risiedono nelle regioni settentrionali mentre un terzo lavora a tempo parziale. Circa la metà dei pensionati occupati ha, al massimo, la licenza media, tre su dieci possiedono un diploma mentre il segmento dei laureati rappresenta oltre un quinto del totale ed è quello che va in controtendenza.
Infine, un altro dato significativo evidenziato dal rapporto, riguarda la tipologia familiare dei pensionati.
I pensionati di vecchiaia e anzianità vivono prevalentemente in famiglie di coppie senza figli (45,0%), mentre i pensionati di reversibilità, trattandosi – nella stragrande maggioranza dei casi – donne vedove, più spesso abitano soli (62,5%) o con i figli in qualità di unico genitore (21,8%),
Dal punto di vista territoriale, i pensionati del Nord vivono più spesso da soli (28,5%) o in coppia senza figli (40,7%), mentre i pensionati del Mezzogiorno risiedono più frequentemente in coppia con figli (25,3%).
L’Istat calcola che ci sono pensionati in una famiglia su due in Italia, e spesso da loro arriva un sostegno economico.
Il rapporto stima che in Italia quasi una famiglia su due sia costituita, o accolga, almeno un pensionato (circa 12 milioni di nuclei); inoltre, per quasi 7 milioni e 400mila famiglie (il 61,7% delle famiglie con pensionati) gli introiti della pensione rappresentano più dei tre quarti del reddito familiare disponibile; nel 21,9% dei casi le prestazioni di cui beneficiano i pensionati sono l’unica fonte monetaria di reddito (oltre 2 milioni e 600mila di famiglie).
L’analisi evidenzia il fondamentale ruolo di protezione economica e di ammortizzatore sociale che la pensione svolge per le famiglie. In particolare la presenza di un pensionato all’interno di nuclei familiari “vulnerabili” (genitori soli, figli disoccupati, ecc.) o residenti al Sud, consente quasi di dimezzare l’esposizione al rischio di povertà.
Questi dati avvalorano l’importanza della presenza degli anziani per le giovani famiglie, soprattutto in tempi di crisi economiche come quelle che stiamo vivendo, per il sostegno importante, non solo finanziario, ma più in generale per il contributo alla tenuta di un tessuto sociale messo a dura prova dalla difficile congiuntura sanitaria ed occupazionale.
Remo Barbi
Componente segreteria regionale FNP CISL Pensionati Puglia