La cerimonia in onore di Mercadante del 1932, scoprimento del busto. Riflessioni
Alcuni giorni fa è stato dato in omaggio al Presidente onorario di Algramà, Gianni Moramarco, l’articolo di stampa “In onore di Saverio Mercadante” pubblicato sul numero di gennaio 1932 della rivista mensile “Terra di Puglia” , corredato di due foto scattate il 22 novembre 1931 in occasione dell’inaugurazione , ad Altamura, del monumento a Saverio Mercadante, un busto opera del famoso scultore Comm. Arnaldo Zocchi che è l’autore , tra l’altro, di una delle quattro “vittorie alate” collocate sul Vittoriano a Roma (immagini degli articoli pubblicati in calce).
Invito quanti non l’hanno ancora fatto a leggere quelle pagine di cronaca culturale, in quanto esse consentono di svolgere qualche riflessione, più che sulla musica dell’illustre altamurano, sulle caratteristiche della comunicazione e dell’informazione che , in quegli anni di regime, venivano accuratamente calibrate per non incorrere nelle maglie della censura e per non rischiare, quindi ,di dover sospendere la pubblicazione, , anche se il Ministero per la stampa e la propaganda sarà istituito più tardi nel 1935.
Intanto, quando si tratta di cultura, sembra che ogni argomento sia destinato a rientrare nel gradimento delle autorità, potendo divenire strumento di diffusione degli ideali politici, purché riesca a mantenere una equilibrata distanza da eccessi ed estremismi.
Nelle due foto dell’epoca si possono osservare uomini, bambini, autorità civili e religiose, tutti con il cappello in testa, fatta eccezione per i due oratori al centro del palco (il podestà Tedeschi e il cav. De Napoli), un diffuso sventolare di tricolori, scolaresche di balilla e giovani italiane allineate lungo il muro del palazzo, due carabinieri in alta uniforme ai lati del monumento. Nessuna donna in mezzo alla folla, solo le maestre messe a bada degli alunni e qualche signora presente sul balcone padronale patriotticamente attrezzato.
Affiora immediatamente una contraddizione o meglio una preconcetta incoerenza, quanto meno agli occhi di noi osservatori della contemporaneità. La rivista “Terra di Puglia” era diretta da Alfredo Violante (Putignano, 1888), zio del senatore Luciano che è stato Presidente della Camera dei Deputati. Avvocato e giornalista, scrisse sul “Corriere delle Puglie” divenuto in seguito “La Gazzetta della Puglia”, su “Il nuovo corriere” e sulla rivista milanese oggetto del nostro esame.
Alfredo Violante denunciò l’assassinio del deputato socialista Giuseppe di Vagno ad opera dei fascisti nel 1921. Era meridionalista, vicino alle idee di Gaetano Salvemini e Tommaso Fiore. Nel 1943 entrò nelle file della Resistenza e perciò fu condannato per attività sovversiva, imprigionato a San Vittore e infine tradotto nel campo di concentramento e sterminio di Mauthausen, dove cessò di vivere nella camera a gas il 24 aprile 1945.
Come si conciliò il suo lavoro di giornalista, esposto al giudizio della censura fascista, con la sua fede politica? La copertina di “Terra di Puglia” non lascia dubbi: la didascalia che compare sotto il titolo richiama gli scopi “nazionalistici” della rivista volta a “compiere opere di italianità”, a “rinsaldare sempre più i rapporti culturali ed economici fra Nord e Sud”.
Inoltre, il sommario riporta due pezzi iniziali rispettivamente su “Achille Starace” e su “Arnaldo Mussolini”. Il primo era un salentino dalla fedeltà canina alla causa fascista, un tipo alla “signorsì, signore” e l’articolo stava lì, probabilmente, a celebrarne la nomina a segretario nazionale del partito fascista avvenuta appena un mese prima, il 7 dicembre 1931. L’altro era il fratello minore del Duce, venuto a mancare per un attacco cardiaco in quello stesso mese.
Un’altra considerazione che riceve stimolo dalla lettura di quelle antiche pagine è la seguente: l’informazione a mezzo stampa, anche quando è rivolta a circoscritte categorie di lettori – come i cittadini pugliesi trapiantati al Nord – è in grado di trasferire dal piano della cronaca al livello superiore della storia gli accadimenti narrati, giacché quella scena dell’inaugurazione del monumento a Saverio Mercadante diventa testimonianza fotografica e letteraria dell’organizzazione sociale italiana negli anni Trenta del Novecento.
Le celebrazioni nel 2020 del 150° anniversario dalla morte di Mercadante, tutto quello che è stato fatto/detto/scritto sono elementi indispensabili per aprire un percorso di conoscenza a ritroso nel tempo.
Il presente articolo apre un collegamento con il 1931, anno dell’inaugurazione del monumento al grande musicista, attraverso la lettura del discorso commemorativo svolto dal Cav. Giuseppe De Napoli, autore di un saggio, considerato “pionieristico” in materia musicale, pubblicato in quel frangente a Milano “La triade melodrammatica altamurana: Giacomo Tritto, Vincenzo Lavigna, Saverio Mercadante”.
Il cav. De Napoli rievoca la visita di Mercadante alla sua casa natale, ad Altamura, avvenuta nel 1844. Sia nel 1931, sotto il fascismo, sia nel 1844, sotto il Regno delle due Sicilie, la popolazione altamurana partecipò agli eventi in misura copiosa e con animo consapevole di dover tributare tutti gli onori e la riconoscenza all’illustre concittadino.
Sia pure in un gioco di rincorsa alle iniziative adottate dalla città di formazione del Musicista, Napoli – che ha a lungo conteso alla Leonessa di Puglia il vanto della nascita di Mercadante – gli altamurani hanno affrontato tale contesa a testa alta, con la dedicazione del proprio teatro comunale nel 1895 e l’installazione del monumento del Comm. Zocchi nel 1931, coperto con le finanze del comune in un periodo particolarmente critico sotto il profilo economico.
Certo, rimane irrisolta la questione dell’assenza del repertorio lirico di Mercadante dai programmi dei principali teatri italiani, se si fa eccezione del recupero effettuato alcuni anni fa nell’ambito del Festival della Valle d’Itria di Martina Franca, che sappiamo si caratterizza per il ripescaggio di opere raramente rappresentate.
Ovviamente non bastano le commemorazioni, i monumenti, i bei teatri ristrutturati (Napoli, Altamura, Cerignola). Bisognerebbe assumere una visione più ambiziosa, a mio modesto avviso, con grande rispetto per gli studi e gli approfondimenti svolti dai professionisti competenti. D’altro canto la cittadinanza altamurana ha dato prova di grande condivisione, anche finanziaria, delle iniziative mirate a dar lustro al genio musicale.
Ogni comunità deve ritenere come patrimonio culturale irrinunciabile il repertorio lirico e sinfonico del proprio grande musicista, rivitalizzandolo con le rappresentazioni teatrali e con i concerti. Inoltre, Pesaro per Rossini, Torre del Lago per Puccini, Parma per Verdi, Bergamo per Donizetti, Catania per Bellini costituiscono esempi – con i loro festival – che potrebbero essere riprodotti in loco per mantenere in vita le opere di Mercadante. Nessun altro ha interesse a farlo più della comunità che vanta il privilegio di aver dato i natali a un grande maestro.
Ma torniamo, ancora un’ultima volta, alla cerimonia del 22 novembre 1931 per far luce su alcuni personaggi presenti. L’oratore rivolge un saluto rispettoso a Sua Eccellenza Michele Castelli, un altamurano trapiantato a Roma che aveva fatto carriera nella pubblica amministrazione, figlio adottivo di Castelli Michele e di Moramarco Angela. Nel 1925 fu istituito l’Alto Commissariato per la Città e la Provincia di Napoli, al quale fu attribuita la gestione tecnica, amministrativa e finanziaria delle opere pubbliche. Alto Commissario fu nominato proprio il Prefetto Michele Castelli.
Tale presenza rivela il connubio tra Altamura e la città partenopea nelle celebrazioni riguardanti il grande compositore lirico e, forse, un legame politico che poteva tornare utile in quegli anni, i trenta del novecento, in cui l’Italia era un fermento di iniziative per superare la crisi economica mondiale del 1929. Si affermò il “capitalismo di Stato” grazie all’istituzione dell’IMI (Istituto Mobiliare Italiano che ricapitalizzò le banche in crisi) e dell’IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale). Quello fu un periodo in cui proliferavano anche iniziative culturali, sociali e politiche.
Un altro illustre ospite della manifestazione era Sua Eccellenza Umberto Ricci, pugliese originario di Capurso, che fu Prefetto di Torino e Ministro dell’Interno nel primo governo Badoglio.
Le celebrazioni del 1931 e quelle svoltesi novant’anni dopo, nel 2020, nonostante le restrizioni dettate dall’emergenza pandemica, dimostrano come il nome di Saverio Mercadante sia in grado di imporsi all’attenzione della politica e delle istituzioni culturali, non solo italiane. Non ci resta che augurarci il grande salto di qualità, che avverrà solo quando le opere del “cigno di Altamura” torneranno a far parte – con Verdi, Puccini, Rossini, Bellini e Donizetti – della programmazione dei teatri lirici italiani.
Giuseppe Marrulli
Dalla rivista mensile “Terra di Puglia” – Gennaio 1932 – l’inaugurazione dello scoprimento del busto a Saverio Mercadante ad Altamura del 22 novembre 1931