Il Popolo di Dio a consulto per il rinnovamento della Chiesa
E’ passata in punta di piedi, senza fragore, con una stampa locale disattenta, la consultazione avviata dalla Diocesi di Altamura, Gravina e Acquaviva delle Fonti presso il popolo delle quaranta parrocchie rientranti nella sua giurisdizione. Una comunità di 170 mila abitanti rappresenta una massa critica di tutto rilievo in grado di esprimere idee, proposte e argomenti validi per l’”aggiornamento” della pastorale cristiano-cattolica in questa decade del terzo millennio.
La consultazione ha costituito la prima fase, il punto di partenza del Cammino Sinodale delle Chiese, che si concluderà a Roma con l’Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi nell’ottobre del 2023, in seno alla quale si farà tesoro – almeno tali sono le aspettative – delle riflessioni emerse dagli incontri con il Popolo di Dio, vale a dire con il popolo dei battezzati.
Ci sarebbe piaciuto un po’ di “chiasso”, ovvero di entusiasmo, intorno alla questione, giacché non capita tutti i giorni di essere chiamati a raccontarsi e a confrontarsi con le esperienze dei propri “compagni di viaggio”, come piace definire alla Chiesa, in questa occasione, tutti coloro che sono animati dal desiderio di partecipare a una comune missione. Un’ adeguata pubblicità sull’argomento mi sembra fosse raccomandata proprio dal “Vademecum” elaborato dal Sinodo dei Vescovi.
In ogni caso si deve ritenere, senz’ombra di dubbio, che per i parrocchiani si è trattato di un’esperienza del tutto nuova, che ha messo alla prova sia la funzionalità dei consigli pastorali delle parrocchie sia la tenuta degli organismi collegiali operanti nella sede diocesana sia, alla fine, la capacità della rete di referenti di mantenere un efficace collegamento con le funzioni diocesane assegnate a questo compito. Notevole, certosino, è stato il lavoro, svolto in Curia, di semplificazione e adattamento alla realtà locale dei nuclei tematici proposti dai vescovi.
E’ stata un’occasione unica per partecipare, per far sentire la propria voce alla Chiesa, che finalmente ha aperto la mente e il cuore all’ascolto dei punti di vista della comunità.
Tempi duri, tempi tristi, tempi difficili quelli che stiamo vivendo. E’ la stessa Assemblea dei vescovi a richiamare il contesto nel quale si colloca quel “camminare insieme” che ci porterà – almeno si spera – ad una linea programmatica rinnovata : da un lato le preoccupazioni e le insidie ravvisabili oggi nella società a causa della pandemia, degli scenari di guerra, della questione climatica, della povertà, delle disuguaglianze; dall’altro , al suo interno, la Chiesa accusa il colpo degli abusi sessuali, di potere e di coscienza perpetrati dal clero e dai consacrati.
La Chiesa è combattuta tra il rispetto della propria tradizione e l’apertura al nuovo, che intende assicurare senza rinunciare all’impostazione di fondo che attribuisce alla gerarchia ecclesiale (Parroci, Vescovi ecc.) delle comunità locali l’autorità di decidere. Poiché in Chiesa non si applica il principio di rappresentanza democratica, in base al quale è la maggioranza a determinare le scelte. Per la verità detto principio “non democratico” è valido soprattutto con riferimento alle decisioni spettanti al Papa, ma la sua estensione ai livelli periferici è esplicitamente dedotta dal tema specifico su “Autorità e partecipazione” sul quale pure è stata chiamata ad esprimersi la comunità dei fedeli.
Francesco ha impresso all’istanza di rinnovamento, venuta fuori dal Concilio Vaticano II, un carattere di maggiore aderenza ai problemi degli esclusi, degli emarginati, delle periferie del mondo. Anche con riferimento a tali aspetti, ormai del tutto compenetrati nella visione umanitaria della società moderna, la posizione della Chiesa presta il fianco alle critiche di chi, contestandone l’infallibilità e l’autoreferenzialità, obietta che privilegiare il rapporto con i diseredati, che costituiscono una minoranza, fa trascurare i problemi afferenti alla moltitudine dei fedeli (Marcello Veneziani, La Cappa, Marsilio).
Avvertiamo a pelle una contraddizione nella impostazione dei lavori di consultazione: il dialogo si vuole che sia rivolto al popolo dei battezzati, in quanto con l’unzione ha ricevuto il dono dello Spirito, il solo in grado di mediare tra il popolo e l’autorità ecclesiale al fine ultimo del “discernimento”. Tuttavia porre l’enfasi su una più ampia inclusione che arrivi persino all’ascolto dei non credenti sembra essere in antitesi.
Mi sembra inoltre che i dieci temi proposti per il dialogo con i parrocchiani risentano di un certo formalismo da sacrestia abbastanza lontano dal modo di esprimersi e di intendere della massa dei fedeli. Ho avuto personalmente una certa difficoltà ad afferrare il significato delle domande alla prima lettura. Forse ciò spiega anche il sostanziale disinteresse della stampa, alla quale la fase di ascolto dev’essere apparsa come una “roba da preti”. Al riguardo suona estranea la raccomandazione del Papa che il cammino sinodale non si risolvesse in un trattato di ecclesiologia, ma in una nuova pastorale che verrà diffusa nella seconda metà del decennio in corso.
Al netto di ogni più sottile riserva, il cammino di cui stiamo parlando rappresenta una svolta per l’apertura al pensiero del popolo. Esso introduce due concetti essenziali che costituiscono il cuore, il fulcro della relazione tra i fedeli e la Chiesa. Il concetto di “sinodalità” che esprime lo stile proprio del percorso di fede: bisogna camminare tutti insieme, saper ascoltare gli altri e parlare con coraggio, partecipare alle liturgie e dialogare con il mondo esterno. L’altro concetto è quello del “discernimento”: esso ha un significato prettamente spirituale. Ogni decisione nella Chiesa va presa consultando il Popolo di Dio, tenendo però ferma l’autorità del Parroco o degli altri gradi della gerarchia. E’ importante per questo aspetto la partecipazione degli organismi collegiali interni alla Parrocchia, come i Consigli pastorali. Nella tradizione sinodale della Chiesa, come quella dei concili e dei sinodi dei vescovi, la voce di tutti i partecipanti viene presa in considerazione e, attraverso l’agire del “sensus fidelium” e la mediazione dello Spirito, porta l’autorità a prendere la decisione più giusta. In altri termini i processi decisionali vengono svolti “ cum Petro e sub Petro”.
Sul Corriere della Sera del 17 febbraio scorso E. Galli della Loggia, prendendo spunto dal processo ancora in corso a carico del Cardinale Angelo Becciu (coinvolto nell’operazione di acquisto di un immobile londinese con i fondi della Segreteria di Stato), si dichiara esterrefatto della “Giustizia” vaticana, poiché il processo sembra governato non dall’ordinamento canonico (prima fonte normativa del Vaticano) bensì dal “diritto divino” che è alla base della potestà del Papa. Secondo il politologo, il processo – il cardinale è stato privato dei diritti cardinalizi prima di una sentenza di condanna, il principale indiziato Mons. Perlasca è diventato il principale testimone dell’accusa, la quale in sostanza dirige il processo in luogo del presidente del Tribunale – è una dimostrazione che all’origine della crisi dilagante nella Chiesa cattolica è soprattutto la crisi dell’Autorità del Papa e quindi della sua presunta base costituita dal diritto divino.
Il Concilio Vaticano II individuò nel rapporto della Chiesa con il mondo esterno il cuore del problema del suo “aggiornamento”. Poco spazio fu riservato al modo d’essere interno della Chiesa, al suo modo di pensare, sentire, agire, alla qualità umana di quanti vivevano al suo interno. Oggi la “storia presenta il conto”, afferma Galli della Loggia, e il Cammino sinodale ben si inserisce in questo intento.
Con l’invocazione “Adsumus Sancte Spiritus” (Stiamo davanti a te, Spirito Santo) attribuita a Sant’Isidoro di Siviglia si sono tenute le riunioni dei gruppi di ascolto. E’ la stessa preghiera che apriva ogni sessione del Concilio Vaticano II.
Il metodo utilizzato nella gestione delle riunioni è stato quello della conversazione spirituale: si è dato spazio a tutti per narrare le proprie esperienze e per confrontarsi con i punti di vista di ciascuno per elaborare – stimolati dalla lettura di brani biblici e supportati dallo Spirito Santo – una riflessione che è frutto della condivisione degli argomenti trattati e che contribuisce alla formazione di una comune proposta.
Ad attestare la validità del metodo i documenti di guida predisposti riportano l’episodio della duplice conversione di Cornelio, centurione romano pagano, e di Pietro, che era di religione ebraica. L’episodio, narrato negli Atti degli Apostoli, viene preso ad esempio dell’inclusività del cammino sinodale – sia gli eletti sia i non credenti – e dell’efficacia della condivisione delle proprie esperienze in uno stile comunicativo particolarmente valido in quanto basato sull’ascolto della voce degli altri e, soprattutto, sull’intervento dello Spirito.
Quali risultati siano venuti fuori dai gruppi di consultazione non è dato sapere. Credo, però, che la partecipazione attiva dei fedeli coinvolti e la serietà del metodo suggerito siano una sufficiente garanzia della proficuità del lavoro svolto. Ci attendiamo che, così come stabilito per la approvazione da parte dei consigli parrocchiali delle conclusioni raggiunte dai gruppi e della sintesi del percorso svolto, anche l’elaborazione della sintesi per l’intera diocesi possa essere portata, sia pure per grandi linee, a conoscenza della comunità. Sarebbe un bel segnale di apertura.
Da ultimo, voglio sottolineare che nei documenti preparatori del cammino sinodale è scritto che anche il dialogo con il mondo della cultura, con le sue varie istituzioni e associazioni, è ritenuto indispensabile per conferire alla missione della Chiesa un senso di maggiore compiutezza.
Giuseppe Marrulli
NOTE
L’immagine in copertina: chiesa SS. Nome di Gesù di Dolcecanto.
Scatto di Carlo Centonze