Rafforzare nuovi modelli sanitari: ospedali di comunità, consultori, centri per la salute mentale e la povertà sanitaria
Molto si è disquisito sulle conseguenze della pandemia che ha messo a nudo le carenze e le inefficienze del nostro sistema sanitario, debilitato da una carenza cronica di finanziamenti e dal suo squilibrio regionale sempre più accentuato.
Permeato da una “visione ospedalocentrica” i nostri servizi hanno trascurato la medicina territoriale. Questa è in sintesi la valutazione e la proposta che lo stesso Presidente Draghi riferisce nel suo primo intervento in Senato. Il punto centrale – secondo Draghi – è rafforzare e ridisegnare la sanità territoriale, realizzando una forte rete di servizi di base (case della comunità, ospedali di comunità, consultori, centri di salute mentale, centri di prossimità contro la povertà sanitaria). È questa la strada per rendere realmente esigibili i “Livelli essenziali di assistenza” e affidare agli ospedali le esigenze sanitarie acute, post acute e riabilitative.
Tra le figure centrali della medicina territoriale, che presidiano le comunità del nostro territorio, emergono quella del medico di medicina generale (MMG) e del pediatra di libera scelta (PDL), il cui tributo di vittime, nell’intento di garantire la salute di tutti, è stato enorme, in questa tragica situazione sanitaria che sta vivendo il Paese e a loro va tutta la nostra riconoscenza.
I medici di famiglia, infatti, sono liberi professionisti un po’ anomali indubbiamente, che svolgono la loro attività sulla base di una convenzione, “negoziata” dalla Federazione dell’Ordine dei medici, con il Governo Nazionale e recepita dalla Conferenza Stato Regioni e quindi dalle ASL.
Questo stato di “liberi professionisti” è dovuto alla necessità di garantire, anche se in un numero circoscritto, la libera scelta del proprio medico da parte dei cittadini. Principio sacrosanto che mette al centro il cittadino e il rapporto di fiducia di chi ha bisogno di cure con chi lo deve assistere. Principio spesse volte ignorato quando entrano in gioco altri interessi, pienamente legittimi, come il diritto alle ferie, alla settimana corta, meno comprensibili nel condividere attività come, ad esempio, le vaccinazioni o la presa in carico dei malati cronici, svolte, eventualmente, solo su base volontaria e previa integrazione della convenzione con le Regioni e le Asl.
Sono queste contraddizioni, presenti anche prima della pandemia, che generano talvolta situazioni di confusione e di sfiducia tra gli utenti.
Ricordiamo, quando ancora si poteva andare in ospedale, il fenomeno di intasamento dei Pronto Soccorso nei giorni festivi e prefestivi, dovuto alla facilità con cui i medici di continuità assistenziale (più conosciuti come guardia medica e in genere giovani neolaureati) indirizzavano i pazienti a fare i dovuti accertamenti in ospedale, liberandosi così di ogni responsabilità diagnostica.
Pensiamo anche a molti studi associati dei medici di base, voluti per garantire una migliore efficienza, flessibilità degli orari di apertura, dei tempi di visita, di una migliore accoglienza dei pazienti, incentivati dalla sanità regionale e nazionale, attraverso le assunzioni di personale infermieristico, che, con le dovute eccezioni, vengono però spesso adibiti alla esclusiva compilazione di ricette.
Con questo mio ragionamento non voglio certo mettere sotto accusa i singoli medici di medicina generale, che sono complessivamente stimati e validi professionisti. Molti di loro conservano quello spirito di servizio e di abnegazione in osservanza al “Giuramento di Ippocrate” che caratterizza la loro attività, quello che va cambiato sono le condizioni in cui esercitano la loro professione, che li vede appunto esterni al sistema sanitario pubblico. E questo resta un problema da risolvere se si vuole rilanciare la sanità territoriale, e quella di prossimità in particolare, con il pieno coinvolgimento degli attori principali quali restano i nostri medici di medicina generale ed i pediatri di libera scelta.
Remo Barbi
Componente segreteria regionale FNP CISL Pensionati Puglia