La Chiesa rupestre di San Michele Arcangelo ad Acerenza
Se c’è una regione italiana che può vantare la presenza di un gran numero di chiese rupestri, questa è la Basilicata che nel territorio materano ha istituito il Parco Archeologico Storico Naturale delle Chiese Rupestri. Le chiese in grotta finora scoperte in Basilicata sono circa 185, databili in genere dal IX al XIX secolo. Le cripte ipogee segnalano l’influsso esercitato da tradizioni e culture diverse, a volte tra loro in contesa.
Per essere più chiari, nei secoli IX-XI la popolazione è prevalentemente latina o longobarda, mentre il potere militare e amministrativo è in mano bizantina fino all’arrivo dei Normanni, così come è bizantina la gerarchia ecclesiastica. In particolare, l’area centrale della Basilicata, con popolazione in prevalenza greca, ha mantenuto cultura e ordinamento ecclesiastico di matrice bizantina fino al XVIII secolo.
Nell’area del Monte Vulture, a nord-est della regione, le chiese rupestri posseggono in misura preponderante caratteri latini: le cripte sono a navata unica con affreschi di tradizione bizantina; però già dal XIII secolo vengono aggiunti elementi culturali latini di origine provenzale e catalana, favoriti dai vescovi e dagli abati benedettini provenienti dalla Francia e dalla Spagna al seguito degli Angioini. Nelle altre aree della regione le chiese rupestri sono costituite da piccoli antri ad aula unica in grado di rappresentare le tradizioni religiose popolari. Sono numerose le raffigurazioni di San Michele Arcangelo con le vesti tipiche dell’ “Archistrategos” bizantino.
Le chiese rupestri dedicate all’Arcangelo in Basilicata hanno come modello la grotta naturale di Monte Sant’Angelo. Ne sono state individuate dieci, tra le quali le più importanti sono quella inglobata nell’Abbazia di S. Michele dei laghi di Monticchio – che è il santuario più grande dopo quello garganico – e l’altra facente parte dell’Abbazia di Sant’Angelo al Monte Raparo.
Ad Acerenza, provincia di Potenza, si può arrivare da Gravina percorrendo agevolmente la Strada Statale 96 bis per km. 53 in 45 minuti, oppure, partendo dalla tappa precedente della Via Micaelica della Murgia (Minervino Murge), si segue la SS. 169 per 56 km. in poco più di un’ora. Nel territorio di Acerenza si trova una piccola chiesa rupestre dedicata a San Michele, esattamente in contrada S. Angelo.
Qui il culto micaelico fu introdotto con tutta probabilità dai Longobardi, che elessero San Michele come protettore nazionale. In particolare, il Duca di Benevento Grimoaldo I nel 650 difese il Santuario garganico dai Bizantini e Sicone, nobile longobardo devoto del Santo, fece coniare monete nell’817, quando gli fu assegnato il feudo di Acerenza, monete riportanti su un lato l’immagine dell’Arcangelo che tiene nella mano destra il pastorale e nella sinistra una croce. Una moneta è conservata nel British Museum di Londra.
La grotta di Acerenza, come tutte le altre chiese micaeliane della Basilicata, è orientata a Nord-Ovest, cioè verso il Gargano, in segno di stretta relazione con il culto rappresentato dalla Chiesa di Monte Sant’Angelo. Nella grotta è custodita una statua lignea del Santo, opera dell’artigiano acheruntino Angelo Maria Marmo, detto “Furnaciar”.
Nel 1268 la chiesa grotta di Acerenza era tenuta dagli Ospedalieri di S. Giovanni da Gerusalemme, che erano, insieme ai Templari e ai Cavalieri Teutonici, monaci guerrieri addetti alla difesa delle strade che conducevano alla Terrasanta. Nel XVI secolo il culto micaelico ad Acerenza è testimoniato dal rapporto redatto in occasione della visita pastorale di Mons. Giovanni Michele Saraceno, Arcivescovo di Acerenza e Matera.
Si ipotizza che davanti alla grotta si praticassero riti derivanti dalla tradizione pagana, tra cui il più noto era quello dell’ “incubatio”: il malato, a digiuno, trascorreva la notte sdraiato sulla pelle di un montone nero. Nel sonno l’Arcangelo operava la guarigione dell’infermo mediante l’immersione nell’acqua di una conca. Fino agli anni cinquanta l’8 maggio, giorno dell’apparizione di San Michele al vescovo di Siponto nel 490, nelle vicinanze della grotta si festeggiava la ricorrenza e i fedeli, dopo la cerimonia religiosa, facevano pic nic all’aperto.
Giuseppe Marrulli