Canio Trione, La scuola economica napoletana
Ci è sembrato davvero interessante l’articolo dal titolo “La scuola economica napoletana” di Canio Trione pubblicato da zonafranca news il 5 novembre 2020. Ve lo proponiamo.
“Non tutti sanno che nel 1754 a Napoli venne istituita la prima cattedra di economia del mondo. Venne affidata ad uno studioso cattolico che si chiamava Antonio Genovesi che animava una scuola ed una disciplina fortemente innovativa per quei tempi. L’insegnamento fu finanziato con danari privati da un toscano. Ma cosa portò quella Università e il mecenate a istituire quella Cattedra? Come mai si scelse quello studioso? Antonio Genovesi sosteneva che l’economia, nella misura in cui era intesa all’accrescimento del benessere individuale e collettivo, fosse uno strumento di pace. Nessuno avrebbe avuto mai ragione di conflitto con il proprio partener in affari e quindi l’economia “collaborativa” era per lui e la sua scuola una specie di assicurazione contro la guerra. Riteneva infatti che la maniera migliore per accrescere la ricchezza di ognuno e di tutti è la collaborazione tra le componenti della società e quindi dell’economia nel loro mutuo interesse.
Dopo di allora sorsero altre tesi e altre scuole economiche non cristiane come quella marxista (lotta di classe) e liberale (competizione la più ampia e libera possibile) che, entrambe, verso la metà del secolo successivo, si poggiarono su assunti opposti a quelli di Genovesi: per costoro l’economia si fondava sulla contrapposizione anche forte o violenta tra opposti interessi individuali e collettivi; e si teorizzava che l’accumulazione della ricchezza fosse il sommo scopo della vita di ogni uomo. Seguendo queste scuole contrapposizione e accumulazione sono stati i punti cardinali dell’economia fino ad oggi. Si sono affinate continuamente nuove tecniche intese a massimizzare i profitti fino ai tempi odierni in cui tecnologia e matematica, statistica e media, psicologia e lobbismo vengono asserviti alle imprese in questa diuturna ricerca del massimo profitto, anche a spese della vivibilità dello stesso ambiente.
Due concezioni filosofiche opposte che spiegano anche a chi non vuole capire che l’economia è prima di tutto una scienza antropologica al servizio della persona. Se si esce da questo punto si fanno disastri. Da allora la Chiesa ha più volte preso la penna per scrivere Encicliche sulla questione sociale. La più nota è la Rerum Novarum del 1891 e sempre ha ribadito in vario modo la stessa tesi collaborativa che troviamo in Genovesi.
La notte della economia che stiamo vivendo è senza ombra di dubbio un cul di sac nel quale la politica e l’accademia si sono andati ad infilare e dalla quale non ne usciranno mai senza mettere da parte le terribili fesserie create dalle scuole marxiste e liberali molto male intese ed ancor peggio evolute; serve che si ritorni alle posizioni del grande Genovesi; alla Chiesa diciamo di prestare maggiore attenzione alle cose da essa stessa proclamate più volte nei secoli: il mondo ne ha bisogno”.
La redazione