Violenza di genere e femminicidio: cosa fare quando la donna subisce violenza
Oggi giorno sentiamo parlare sempre più spesso di violenza di genere o di violenza contro le donne. Tra le ultime notizie di cronaca ritroviamo la donna uccisa nel suo appartamento davanti ai suoi figli dal suo ex marito a Cerignola, o ancora la storia della piccola Salome Segura Vega, stuprata e picchiata a morte a soli 4 anni da un 27enne in Colombia.
Basti pensare che in Italia ogni due giorni una donna muore per il solo fatto di essere donna, per mano di uomini, con i quali intratteneva una relazione di natura sentimentale.
La violenza di genere comprende una vasta gamma di abusi sulle donne tra i quali lo stalking, gli abusi sessuali, i matrimoni forzati, le mutilazioni genitali, gli stupri di guerra o etnici e l’aborto selettivo.
All’interno di questa macro-categoria troviamo anche la violenza domestica, che è la forma più frequente di violenza di genere, ed è la violenza che viene agita sulla donna da parte di un partner intimo (marito, compagno, fidanzato) quindi all’interno di una relazione sentimentale.
Superare gli stereotipi è di fondamentale importanza per poter far luce sulle cause e sull’origine di ogni tipo di violenza, sia essa fisica, verbale o psicologica.
Quel che è certo è che non è l’amore o la passione a dar origine alle azioni violente di un uomo sulla sua partner, quanto piuttosto la sua volontà di prevaricarla e dominarla.
Si tratta di un fenomeno strutturale e ciò significa che al di là delle forme attraverso cui la violenza viene perpetrata, al di là dell’identità dell’autore della violenza, sia esso padre, fratello, marito, convivente, ex partner o una persona sconosciuta alla vittima, la struttura che accomuna tutti i casi di violenza domestica è unica e deve essere ricercata nella disparità, ancora oggi esistente, nei rapporti di forza e potere tra il sesso maschile e quello femminile.
La violenza di genere è quindi un fenomeno culturale che affonda le sue radici nella struttura patriarcale della società, che legittima questo tipo di violazioni basandosi sull’idea di “naturale” inferiorità della donna rispetto all’uomo. Pertanto per potervi mettere fine è necessario un cambiamento sociale di grande portata che riveda l’intera costruzione dei due generi (uomini e donne) e ne riequilibri i rapporti di forza.
Nonostante si parli molto di questo fenomeno, nonostante la facilità con cui è possibile reperire dati, informazioni e nonostante tutte le evidenze in favore della sua esistenza (tra le quali annoveriamo anche quelle scientifiche, frutto di anni e anni di ricerche in materia), ci sono ancora molte resistenze nell’accettare l’esistenza di una forma di violenza perpetrata in maniera sistematica e continuativa contro le donne, la quale spesso viene dipinta più come una mistificazione che come un dato di realtà.
Cosa possiamo fare per aiutare una donna che subisce violenza?
Stare dalla parte delle vittime non è mai facile: richiede impegno e coraggio. Ecco qualche consiglio per poter fare qualcosa, seppur nel nostro piccolo.
- Ricordarsi che la violenza contro le donne non è un fatto privato, ma pubblico. Nella maggior parte dei casi, tendiamo ad ignorare una realtà scomoda per proteggerci. Se dovessimo avere anche il minimo sospetto, è bene segnalarlo alle autorità competenti.
- Se una conoscente, un’amica, o una qualsiasi donna dovesse confidarci di subire violenza è fondamentale non giudicarla e non allontanarla. Le statistiche dicono che, prima di riuscire ad accedere ad un aiuto strutturato (forze dell’Ordine, Centri Antiviolenza) e di ricevere sostegno e comprensione, la maggiorparte delle donne aveva già chiesto aiuto dalle due alle tre volte, senza risultato. La prima risorsa alla quale si rivolgono sono coloro che ritengono più vicini. Troppe volte non vengono ascoltate con empatia, ma anzi giudicate severamente e colpevolizzate rispetto alla situazione che stanno vivendo.
- Aiutare la donna a contattare il Centro Antiviolenza più vicino. I Centri Antiviolenza sono un punto d’ascolto e di sostegno per donne che si trovano in situazioni di violenza, gestiti da operatrici donne, con varie professionalità con l’obiettivo di aprire uno spazio che consenta alla donna di parlare di sé, offrendole la possibilità di credere in sé stessa e di essere creduta. Si viene a creare così un ambiente di fiducia in cui alla donna è consentito nominare la violenza, esprimere ed elaborare i propri vissuti, limitando il suo senso di vergogna e la percezione di isolamento sociale tipica delle vittime di violenza. Rivolgersi ad un Centro Antiviolenza comporta una presa di coscienza da parte della donna rispetto alla situazione che sta vivendo. Per questo motivo non è facile fare questo passo. Se siete a conoscenza di una situazione di violenza, o conoscete direttamente la vittima accompagnatela al CAV più vicino e sostenetela in questo momento così delicato.
Consiglio di lettura
Mai più indifesa di Chiara Gambino
Il libro analizza in modo semplice e accessibile i meccanismi psicologici che spingono inconsapevolmente molte donne a costruire e mantenere relazioni fonte di sofferenza. La tesi principale è che entrare, spesso ripetutamente, in una relazione vittimizzante, o non riuscire a uscirne, dipende in larga misura dall’incapacità di comprendere le proprie emozioni e i propri desideri.